Nulla si crea, nulla si distrugge, tutto si trasforma, persino un processo creativo può essere alterato da reazioni chimiche, da processi corrosivi e materie torturate. Persino la massa di un’opera può essere ghermita da un fuoco purificatore o salvata da sante abluzioni.
Questo sacro rapporto con gli elementi è alla base dell’arte di Hristina Andreeva, performer di origini bulgare che immerge le sue membra nella materia viva per riportare alla luce diamanti grezzi che hanno la stessa forza ancestrale dei reperti archeologici.
La ricerca dell’artista è tesa ad indagare la materia per trovare la bellezza anche a costo di deturparla con strumenti fuori dal comune. L’uso di garze, gesso, vernice, carta e farina sono un mezzo per abbrutire, spogliare l’opera di qualsiasi linguaggio tranne quello primordiale e renderla in tutta la sua originaria potenza espressiva.
Altra caratteristica insolita è il ricorso agli agenti atmosferici per modificare lo stato e la forma delle opere. Quello che l’artista compie con l’uso dell’acqua e del fuoco è una sorta di attività ascetica, che richiede grande fermezza e controllo assoluto degli elementi per oltrepassare la sottile linea che dall'informe porta alla forma.
L’utilizzo di tali espedienti esprime una drammatica e sofferta lacerazione morale e fisica in contrasto con la ferma eleganza compositiva in cui appare un rigore classico ed una solida geometria.
Ciò che colpisce l’immaginazione dello spettatore è un uso poetico degli scarti, dei materiali residui dell’esistenza civile. Come se il non voluto, il rifiuto o il difforme siano in realtà il centro stesso della dimensione artistica umana.
L’ammasso di tali stratificazioni genera interessanti variabili cromatiche. Il bianco che domina gran parte della scena è in alcuni casi aggredito da minacciose lingue marroni. Il beige ed il nero fanno da degno contrappunto come deliziose dissonanze orchestrali. Increspature convulse e tormentate velano di ombre ed inquietudine l’intera superficie.
In tutte le composizioni si ha l’impressione che il colore emerga prepotentemente da ogni recondito anfratto esplodendo di rabbia, continuando ad intaccare silenziosamente una ferita già aperta a bruciare un brandello già arso.
Nell’opera di Hristina Andreeva il senso del tempo e della sua azione corrosiva sembrano essere il leitmotiv di tutte le composizioni che pur essendo simili a manufatti scultorei conservano un carattere essenzialmente pittorico.
Si potrebbe azzardare che nelle torturate rigidità del gesso emerga il concetto di materia che trasforma la materia in una ricerca artistica tesa non solo ad imitare la vita ma ad illustrarla con la sincerità degli elementi che costituiscono la vita stessa.
Micol Di Veroli